Luogo: Lemmeth ● Anno: 1361 ● Personaggi: Morgal, Larken, Greskar ● Creature: Marall, Valkun
«Portatelo via.»
Larken alzò la testa, il corno sinistro spezzato in bella vista sotto gli occhi di tutti. Era ancora inginocchiato con le mani posate a terra, sottomesso al giudizio della Aesyr come chiunque entrasse dalla porta alle sue spalle.
«No, vi prego…» supplicò e Morgal non poté impedire alle labbra di piegarsi in una smorfia. Le suppliche la infastidivano.
Le guardie valkun tirarono su Larken e lui si divincolò, iniziando a urlare.
«Non durerà! Greskar non conosce la lealtà, prenderà ciò che vuole e lascerà le vostre spalle scoperte!»
La smorfia di Morgal si piegò in un sorriso, mostrando una serie di denti bianchissimi e affilati. Fece un cenno alle guardie e queste si fermarono, con Larken ben stretto tra di loro.
Poi si alzò dal suo trono e iniziò ad avanzare lentamente, ancheggiando. La sua lunga veste nera si apriva di lato a ogni passo, lasciando intravedere le gambe dalla pelle pallida e i piedi stretti nelle scarpe alte e avvolte alle caviglie. Aggiustò meglio uno dei lunghi guanti che portava, ma non si preoccupò di scostarsi i capelli corvini che le coprivano in parte il viso spigoloso.
Morgal si fermò a un soffio da Larken e gli tirò su il volto con uno dei suoi lunghi artigli, fissando gli occhi scuri in quelli gialli di lui. «Mi stai dando della sciocca?» chiese in un soffio. «Non mi credi in grado di scegliere i giusti alleati?»
Larken rabbrividì, ma riuscì a non distogliere lo sguardo e quando la sua voce uscì tremò per un solo, breve istante.
«Posso aiutarvi» rispose piano. «Non ho la forza di Greskar, ma sono più veloce, più fedele…»
Morgal gli lasciò il viso e iniziò a girargli intorno. «Più veloce, più fedele» ripeté. «Ma vedi, mio caro, non ho bisogno di velocità e lealtà nelle mie fila.»
Larken tentò di girarsi a guardarla, ma le guardie lo tenevano stretto.
«Ho bisogno di resistenza.»
Morgal tamburellò gli artigli sulla spalla di Larken e le ginocchia del marall cedettero, preda di un’energia oscura e invisibile che lo tirò verso il terreno. I valkun lo lasciarono cadere mollando la presa su di lui, poi si ritrassero. Quando Morgal si divertiva, niente doveva distrarla, l’avevano imparato il primo giorno al suo cospetto. Era capricciosa, vendicativa e lunatica.
«Ho bisogno di intelligenza» continuò Morgal piegando le gambe e chinandosi al livello di Larken. «Abbastanza da permetterti di capire quando è meglio tacere.»
Larken aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un rantolo.
Morgal mostrò di nuovo il suo terrificante sorriso affilato. Si stava divertendo, era evidente. La divertiva il terrore negli occhi di quel marall, il tremore delle sue membra, l’odore della sua paura.
«E ho bisogno di forza» concluse spingendo i suoi artigli nel collo di Larken e facendoli uscire dalla parte opposta, per poi ritrarli con un suono disgustoso.
Larken sgranò gli occhi e cadde a terra rantolando. Sul pavimento lucido del salone iniziò ad allargarsi una macchia di sangue denso, il cui odore rianimò le bestie rinchiuse nelle gabbie dietro al trono. Ai rantoli di Larken si unirono i loro ringhi e il rumore delle zampe che graffiavano il terreno.
«Silenzio!» tuonò Morgal.
Bastò a farli tacere.
Quando i singulti di Larken si acquietarono, le guardie lo raccolsero e lo trascinarono via, lasciando una scia di sangue fino al portone d’ingresso.
Morgal tornò al suo trono e si lasciò cadere con grazia su di esso, leccandosi gli artigli ancora gocciolanti. Poi scoccò uno sguardo alla sua sinistra.
«Non ho avuto fortuna.»
«Di nuovo» rispose una voce cavernosa.
Morgal si voltò del tutto verso il suo ospite.
La creatura avanzò entrando nel cono di luce delle candele sopra di loro. Ogni passo provocava una vibrazione, risuonando come un gong ogni volta che gli zoccoli caprini toccavano la superficie polverosa.
Aveva due lunghe corna ricurve e occhi rossi come braci ardenti, spuntoni di diverse dimensioni gli crescevano sulle spalle e sugli avambracci, ricoprendo una pelle coriacea e ruvida. Un marall, come Larken, ma infinitamente più possente e spaventoso.
«Non hai bisogno di perdere tempo con questa feccia per scegliere i tuoi alleati.»
«Hai un’idea migliore?»
«Smettila di convocare idioti.»
Morgal si passò un artiglio sulle labbra. «Eppure è così che ci siamo conosciuti io e te, Greskar» lo provocò.
Greskar piegò la bocca in quello che sembrò quasi un sorriso. «Io sono l’eccezione.»
«Mh, forse…» risposte Morgal guardandosi gli artigli.
Greskar avanzò di qualche passo e calpestò la pozza di sangue di Larken, ormai allargatasi fino al trono.
«L’accordo?» chiese.
«Saltato.»
«Ti avevo avvertita: i gilmora sono sempre stati un problema. Subdoli, bugiardi e puzzano di…»
«Troverò il modo» lo interruppe Morgal. «Non posso lasciare tutto quel potere in mano a Malek.»
«Potrei…» Greskar si prese il suo tempo per completare la frase, i suoi occhi rossi studiarono la figura di Morgal per un lungo momento. «…risolvere il problema per te.»
«E il tuo prezzo sarebbe?»
«La mia famiglia.»
Morgal lo squadrò con gli occhi fiammeggianti, così luminosi e neri che anche le bestie nelle gabbie si ritrassero.
«Ne abbiamo già parlato, Greskar» disse gelida. «Non rischierò il fragile equilibrio di Lemmeth per riavere indietro due mocciosi.»
Un’ombra scura passò sul volto animalesco di Greskar. «Quei due mocciosi sono il motivo per cui sono qui.»
«Allora aiutami. Se Zagal cade, la tua famiglia sarà libera di attraversare il confine, in caso contrario, be’…» Morgal si alzò e, lentamente, raggiunse la grande finestra nella stanza. Posò gli occhi su un punto non troppo lontano, una fila di valkun schierati su un confine fragile che divideva in due la città. Dopo tutto quel tempo, quella vista continuava a irritarla. «Conosci la situazione» concluse.
«Non c’è più tempo, Morgal. La parte ovest è sull’orlo di una crisi, la mia gente…»
«La tua gente ha stretto l’alleanza sbagliata, Greskar» terminò la frase Morgal, più aggressiva di quanto avesse voluto. Era sempre più aggressiva quando si trattava di Zagal.
Greskar mostrò i denti, ma quando le parole uscirono dalla sua bocca suonarono misurate e calme. «Per questo sono qui. Zagal ha lasciato marcire la città, è ora che ne paghi le conseguenze.»
Morgal si voltò verso di lui con una strana luce negli occhi. «E perché possa pagare, ho bisogno di quella pietra.»
«Mia figlia…»
«Vorrei tanto aiutarti, mio caro Greskar, ma Zagal è subdolo, è meschino. Se provassi a far uscire la tua famiglia, scoprirebbe la nostra piccola alleanza, si vendicherebbe e li ucciderebbe prima che passino il confine. Poi scatenerebbe una guerra e il nostro piano andrebbe in fumo.» Morgal allungò una mano e accarezzò il volto animalesco di Greskar con la punta dei suoi artigli. «Portami quella pietra e la tua famiglia sarà la mia priorità. Te lo prometto.»
Greskar chiuse gli occhi per un istante e non ebbe modo di vedere l’ombra maligna che illuminò il viso di Morgal. Quando li riaprì, li puntò sulla stessa fila di valkun che aveva guardato prima Morgal. Il confine, l’altra parte di Lemmeth.
«D’accordo» capitolò e la sua voce cavernosa ebbe un fremito. «Partirò questa sera stessa.»
Morgal sorrise, l’ombra ormai svanita dal suo volto. «Meraviglioso. Le guardie ti procureranno qualunque cosa ti serva.» Si avviò verso il suo trono, ma prima di sedersi si voltò di nuovo. «E, Greskar?»
«Sì.»
«Non avrai un’altra possibilità.»
«Lo so.»
Morgal annuì e si sedette.
«Puoi andare» lo congedò.
Poi schioccò le dita e le gabbie dietro di lei si spalancarono, lasciando che le bestie si riversassero nella sala e si lanciassero sul sangue di Larken.
Morgal
The Sharp Queen